Hanno detto di lui
Giovanni Paolo II ha definito Massimiliano Kolbe “il Santo di questo secolo”. Già nel cognome, di origine tedesca Kolbe sembrò portare il marchio di uno strano destino: esser al centro insieme alla Germania della storia mondiale del Novecento. Ci sono tracce nell’esistenza di Kolbe che fanno pensare alla presenza di una regia occulta nella sua vita: - la bomba atomica sganciata il 9 agosto ’45 a Nagasaki, proprio la città che Kolbe aveva scelto per impiantare nel ’30 una missione ; - il fatto che la bomba abbia provocato 90.000 morti e devastato ogni edificio ma non le mura della Cittadella di Kolbe rimasta miracolosamente intatta; - l’ aver prodotto un’attività editoriale impensabile negli anni Trenta; - l’intuizione della positività e dell’uso missionario dei mass- media e delle tecnologie; - il fratello Francesco morto anch’egli in un lager a Dachau ... sono tutti indizi che giustificano l’appellativo di Santo di questo nostro secolo.
Il sacrificio di Kolbe non è stato un atto di eroismo – una tantum – quasi un colpo di testa per farla finita ma il frutto di una escalation di atti e gesti che da giornalista e missionario prima e da carcerato e deportato poi l’hanno portato ad un culmine di carità totale. Come visse egli nel lager e nel bunker ? Ecco le testimonianze verbalizzate nel processo di canonizzazione.